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REAPER MAN

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2007 16:21
26/01/2007 12:06
 
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Investigatore Privato
Utente Junior
Messaggio recuperato: redatto da CONINA

PREMETTO CHE STO SUDANDO SETTE CAMICIE DA ALCUNI GIORNI.
Non sono brava con l'inglese, ma questo è il risultato.
Si invocano suggerimenti e correzioni...

REAPER MAN
(Il mietitore)
1
La danza di Morris è comune a tutti gli abitanti del multiverso. E’ danzata sotto cieli azzurri per celebrare il risveglio del suolo e sotto nude stelle perché è primavera e, con un po’ di fortuna, l’anidride carbonica sgelerà ancora. L’imperativo è sentito dalle creature del profondo mare che non hanno mai visto il sole e da cittadini il cui unico contatto con la natura è l’aver messo sotto una pecora con loro Volvo.
E’ danzata innocentemente da giovani matematici laceri e barbuti ad un’inesperta interpretazione per fisarmonica di “Mrs Widgery’s Lodger” e senza pietà dagli uomini di ninja Morris di nuova Ankh che possono fare strane e terribili cose con un semplice fazzoletto e un campanello.
E non è mai stata danzata correttamente.
Eccetto che sul Mondo disco che è piatto e trasportato sul dorso di quattro elefanti che viaggiano attraverso lo spazio sul dorso della Grande A-Tuin la tartaruga del mondo.
E perfino là, solo in un posto è fatta nel modo giusto. E’ un piccolo villaggio in alto sui monti Ramtop, dove il grande semplice segreto è trasmesso da una generazione all’altra.
2
Là gli uomini danzano il primo giorno di primavera avanti e indietro, campanelli legati dietro le ginocchia, le bianche camicie sventolanti. La gente viene e guarda. C’è arrosto di bue dopo, ed è generalmente considerata una bella giornata per tutta la famiglia.
Ma non è quello il segreto.
Il segreto è un’altra danza.
E questa non avverrà ancora per un po’.

C’è un ticchettio, come quello fatto da un orologio. E, infatti, nel cielo c’è un orologio e il ticchettio di secondi coniati di fresco proviene da esso.
Perlomeno sembra un orologio. Ma, in effetti, è l’esatto opposto di un orologio e la lancetta più grande gira intorno una sola volta.
C’è una pianura sotto un pallido cielo. E’ coperta da modesti arrotondati pendii che potrebbero ricordarti qualcos’altro se uno li potesse vedere da molto lontano e se li vedesse da molto lontano potrebbe essere molto contento che tu sia, in effetti, molto molto lontano.
Tre figure grigie fluttuano proprio al di sopra. Ciò che sono, di preciso, non si può descrivere in un linguaggio normale. Qualcuno può chiamarli cherubini, sebbene non ci siano guance rosate su di loro.
Potrebbero essere annoverati fra coloro che si assicurano che la gravità funzioni e che il tempo rimanga separato dallo spazio.
Li chiameremo “Revisori (dei conti?) “. Revisori della realtà.
Stavano conversando senza parlare. Non avevano bisogno di parole. Semplicemente cambiavano la realtà in modo di averlo fatto.
3
Uno disse: Non è mai successo prima. Può essere fatto?
Uno disse: Deve essere fatto. C’è una personalità. Le personalità finiscono. Sole le forze perdurano. Lo disse con una certa soddisfazione.
Uno disse: Inoltre.. ci sono state delle irregolarità. Dove trovate personalità là trovate irregolarità. Bene, così stanno le cose.
Uno disse: Ha lavorato in modo inefficiente?
Uno disse: No, non possiamo dire questo di LUI.
Uno disse: Questo è il punto. La parola LUI. Si addice ad una personalità, è inefficiente. Noi non vogliamo che si espanda. Supponiamo che la gravità sviluppi una personalità. Supponiamo che decida che gli piace la gente.
Uno disse: Essere schiacciato e questo genere di cose?
Uno disse con una voce che sarebbe stata anche più fredda se non fosse stata vicino allo zero assoluto: NO
Uno disse: Scusate, solo un mio piccolo scherzo.
Uno disse: Inoltre, qualche volta si fa domande sul suo lavoro. Tale speculazione è pericolosa.
Uno disse: Niente da eccepire.
Uno disse: Quindi siamo d’accordo.
Uno che sembrava stesse pensando a qualcosa disse: Solo un momento. Non hai appena usato l’aggettivo possessivo “mio”. Non starai sviluppando una personalità, vero?
Uno disse colpevolmente: Chi, noi?
Uno disse: Dove c’è personalità, là c’è discordia.
Uno disse: Si, Si. Molto vero.
Uno disse: Giusto. Ma stacci attento in futuro.
4
Uno disse: Allora siamo d’accordo?
Essi guardarono il viso di Azrael, delineato contro il cielo. Infatti egli era il cielo.
Azrael accennò con il capo lentamente
Uno disse: Molto bene. Dov’è il posto?
Uno disse: E’ il Mondo disco. Viaggia attraverso lo spazio sul dorso di una tartaruga gigante.
Uno disse: OH! Uno di quelli! Io li odio!
Uno disse: L’hai fatto ancora. Hai detto “IO”
Uno disse: No, No non l’ho fatto. Non ho mai detto “IO”…oh maledizione!
Esplose in fiamme ed evaporò come evapora una piccola nuvola di vapore, velocemente e senza residui disordinati. Pressoché immediatamente, un altro apparve. Era identico in apparenza al suo fratello scomparso.
Uno disse: Questo serva da lezione. Cominciare ad avere una personalità è l’inizio della fine. E ora.. andiamo.
Azrael li guarda andare via.
E’ duro approfondire i pensieri di una creatura così grande che nello spazio reale la sua lunghezza sarebbe misurata solamente in velocità della luce. Ma egli girò la sua enorme massa e con occhi come stelle perdute, cercò fra gli innumerevoli mondi uno piatto.
Sul dorso di una tartaruga il Mondo disco è specchio dei mondi.
Sembrò interessante. E nella sua prigione di miliardi di anni, Azrael era annoiato.

E questa è la stanza dove il futuro si riversa nel passato per mezzo di un pizzico di ora.
5
Dei segnatempo sono allineati lungo i muri. Non clessidre, benché abbiano la stessa forma. Non una piccola clessidra che si potrebbe comprare come ricordo attaccato ad una piccola targhetta con il nome dell’albergo per le vacanze scritto con disinvoltura, scritto da qualcuno con lo stesso senso dello stile di una ciambella con la marmellata.
Non c’è sabbia là. Sono secondi, senza fine che trasformano il “forse” in “fu”.
E ogni segnatempo (contatori di vita?) ha un nome scritto sopra.
E la stanza è piena della lieve sibilo della gente che vive.
Immagina la scena.
E ora aggiungi un acuto ticchettio di osso su pietra, farsi più vicino.
Un’ombra scura attraversa il campo visivo, si muove senza fine lungo scaffali di sibilanti cristalli. Click, click. Qui un vetro con il bulbo superiore quasi vuoto. Dita ossute si alzano e si allungano. Scelgono. E un altro. Scelgono. E ancora, molte, molte volte.
Scelgono, scelgono.
E’ il lavoro del giorno. O lo sarebbe se i giorni esistessero qui.
Click, click. L’ombra scura si muove pazientemente lungo gli scaffali.
Si ferma, esita. Perché c’è un piccolo segnatempo d’oro, non molto più grande di un orologio.
Non c’era ieri, o non ci sarebbe stato se “ieri” fosse esistito qui.
Dita ossute si chiudono intorno e lo portano alla luce.
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C’è un nome sopra, in piccole lettere maiuscole.
Il nome è “MORTE”.
Morte posa il segnatempo e poi lo riprende di nuovo. Le sabbie del tempo stavano già scendendo nella parte di sotto.
Egli lo girò sottosopra in via sperimentale, così, giusto per vedere. La sabbia continuò a scendere, solo che ora era dal basso verso l’alto. In realtà non si era aspettato nulla di diverso.
Questo stava a significare, nel caso i domani avessero potuto esistere qui, che non ce ne sarebbe stato alcuno. Non più.
C’era un movimento nell’aria dietro di lui.
Morte si girò lentamente e parlò alla figura che si muoveva indistintamente nell’oscurità:
PERCHE’? gli disse
MA QUESTO E’… NON GIUSTO.
Gli fu detto che NO, era giusto,
Non un muscolo si mosse nella faccia di Morte, anche perchè non ne aveva alcuno.
FARO’ APPELLO
Gli fu detto che avrebbe dovuto sapere che là non c’era appello. Mai nessun appello, mai nessun appello.
IO HO SEMPRE FATTO IL MIO DOVERE, SECONDO IL MIO GIUDIZIO.
La figura fluttuò più vicina. Somigliava vagamente ad un monaco col cappuccio grigio.
Disse, Lo sappiamo. Ecco perché ti permettiamo di tenere il cavallo.

Il sole era vicino all’orizzonte. Le creature con la vita più corta sul disco erano le effimere, che sopravvivono a malapena 24 ore. Due delle più vecchie zizagarono senza meta sopra le acque di un ruscello pieno di trote,
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discutendo di storia con alcuni membri più giovani della covata della sera .
“Oggi non c'è più il tipo di sole che c'era una volta”disse una di loro.
“Hai ragione. Avevamo un buon vecchio sole ai nostri tempi. Era più giallo. Non questa robaccia rossa”
“Era anche più in alto”
“Lo era. Hai ragione”
“E le ninfe e le larve mostravano un po’più di rispetto”
“Lo facevano, lo facevano,” disse un'altra effimera con veemenza.
“Io dico che se le effimere in queste ore si comportassero un po’meglio, noi avremmo ancora un sole giusto”
Le giovani effimere ascoltarono cortesemente.
“Ricordo”, disse una delle vecchie effimere “quando tutto attorno c’erano campi, Così lontano fino a dove arriva lo sguardo”
Le giovani effimere guardarono intorno
“Sono ancora campi” azzardò uno di loro, dopo un appropriato intervallo.
“Io ricordo quando erano campi migliori” disse la vecchia effimera bruscamente.
“Già,” disse il suo compagno. “E c’era una mucca!”
“E’ vero! Hai ragione! Io ricordo quella mucca!”
“Stava in piedi là per, oh, quaranta o cinquanta minuti. Era marrone mi ricordo”
“Non si vedono più mucche come quella oramai”
“Non si vedono proprio mucche!”
“Che cos’è una mucca?” disse uno appena nato
“Vedete!!” disse la più vecchia effimera trionfalmente.
“Queste effimere moderne! “ fece una pausa.
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“Cosa stavamo facendo prima di metterci a parlare del sole?”
“Zizagavamo senza meta sopra l’acqua” disse uno dei giovani insetti. Questo era un’affermazione giusta in qualsiasi momento.
“NO, prima di quello”
“Er.. tu stavi raccontandoci della Grande Trota”
“Ah!, Si giusto. La trota. Bene, vedete, se voi siete state delle brave effimere, zizagando su e giù in modo appropriato..”
“…prestando attenzione agli anziani e cercando di migliorare…”
“… Si, prestando attenzione agli anziani e migliorandovi, allora eventualmente la Grande Trota…”
Clop
Clop
“ Si?” chiese una delle giovani effimere.
Non ci fu risposta.
“La Grande Trota cosa?” chiese un’altra effimera, nervosamente.
Esse guardarono giù ad una serie di cerchi concentrici in espansione sull’acqua.
“Il sacro segno!” disse un’effimera. “Io ricordo che aveva cominciato a parlare di questo! Un grande cerchio nell’acqua! Questo sarebbe stato il segno della Grande Trota!”
La più vecchia delle giovani effimere guardò l’acqua pensosamente. Stava cominciano a realizzare quanto era successo, e in quanto la più anziana presente, ora aveva il privilegio di librarsi più vicino alla superficie.
“Loro dicono” disse l’effimera al cospetto della folla zizagante “che quando la Grande Trota viene per te, tu vai in una terra fluendo con .. fluendo con… “ Le effimere non mangiano. Non sapeva cosa dire. “fluendo con l’acqua” terminò in modo poco convincente.
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“Mi chiedo” disse la più vecchia effimera.
“Devono stare veramente bene là” disse la più giovane.
“Oh? Perché?”
“Nessuno mai ha voluto tornare indietro.”
Le cose più vecchie sul Mondo disco sono i famosi “Pini calcolatori”, che crescono dritti in permanenza sulla linea delle nevi delle alte montagne Ramtop.
Il Pino calcolatore è uno dei poco conosciuti esempi di evoluzione presa a prestito.
La maggior parte delle specie procede nell’evoluzione costruendola strada facendo, secondo le vie stabilite dalla Natura. E questo è tutto molto naturale ed organico e in accordo con i misteriosi cicli del cosmo, i quali credono che non ci sia nulla come milioni di anni di reale frustrazione, prove ed errori per dare una specie di fibra morale e, in qualche caso, una spina dorsale.
Questo è probabilmente bello dal punto di vista delle specie, ma di fronte alla prospettiva degli individui attualmente coinvolti può essere un vero maiale, o almeno un piccolo rettile rosa mangia-radici che potrebbe un giorno evolversi in un vero maiale.
Così i pini calcolatori evitarono tutto questo lasciando gli altri vegetali fare la loro evoluzione da soli.
Un seme di pino piantato ovunque sul Mondo disco, immediatamente sceglie il miglior codice genetico locale disponibile attraverso una risonanza morfica e cresce in qualunque cosa, adattandosi nel modo migliore al suolo e al clima, di solito facendo molto meglio degli stessi alberi nativi, a cui di solito si sostituisce.
Quello che fa il pino calcolatore è particolarmente degno di nota, comunque è per questo che vengono chiamati “calcolatori”.
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Essendo vagamente consapevoli che gli esseri umani avevano imparato a stabilire l’età di un albero contando gli anelli, i pini calcolatori originali decisero che questo era il motivo per cui gli umani abbattevano gli alberi.
Improvvisamente ogni pino calcolatore modificò il proprio codice genetico al fine di produrre, più o meno al livello degli occhi sul loro tronco, in chiare lettere, la loro età precisa. Nel corso di un anno furono abbattuti e quasi portati all’estinzione dall’industria delle targhe ornamentali dei numeri per abitazione e solo alcuni sopravvivono in speciali aree.
I sei pini calcolatori di questo gruppo di alberi stavano ascoltando il più vecchio, il cui tronco nodoso dichiarava l’età di 31.734 anni. La conversazione durò 74 anni, ma fu particolarmente veloce.
“Io ricordo quando tutto questo erano campi”
I pini guardarono intorno per migliaia di miglia di panorama. Il cielo scintillò come un cattivo effetto speciale in un film di viaggi nel tempo. La neve apparve, rimase per un istante e si sciolse.
“Cos’era quello?” disse il pino più vicino
“Ghiaccio. Se puoi chiamare questo ghiaccio. Noi avevamo dei veri ghiacciai in quei giorni. Non come questo ghiaccio che puoi vedere adesso, qui una stagione e andato la prossima. Rimanevano per secoli.
“Che cosa gli succedeva poi?”
“Andavano”
“Andavano dove?”
“Dove vanno le cose. Ogni cosa va sempre velocemente via”
“Wow. Questo era uno veloce.”
“Cos’era?”
“Quell’inverno, poco fa”
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“Chiami questo inverno? Quando io ero un alberello quelli sì che erano inverni”
Poi l’albero svanì.
Dopo una pausa scioccante di un paio di anni, uno del gruppo disse “Se ne è appena andato! Proprio come quello! Un giorno era qui il giorno dopo se ne era andato!”
Se gli altri alberi fossero stati umani, avrebbero strascicato i piedi.
“Succede giovanotto!” disse uno di loro con prudenza.
“E’ appena andato in un Posto Migliore* (* in questo caso, tre Posti Migliori: cancelli dei numeri 31,7 e 34 di Elm Street, Ankh –Morpork), puoi esserne certo. Egli era un buon albero”.
Un giovane albero, il più piccolo con appena 5.111 anni, disse “Che specie di Posto Migliore?”
“Non siamo sicuri” disse uno del gruppo. Tremò scomodamente come per una settimana di vento leggero “ ma noi pensiamo che ciò comporti ….segatura”.
Poiché gli alberi non erano in grado di comprendere alcun evento che avesse luogo in meno di un giorno, loro non sentirono mai il suono delle asce.

Windle Poons, il più vecchio mago dell’intera facoltà dell’Università Invisibile, casa della magia, della stregoneria e di grandi cene.
Era anche lui prossimo alla morte.
Lo sapeva, in qualche inconsistente ed incerto modo.
Naturalmente, meditò, mentre spingeva la sua sedia a rotelle sopra le pietre del pavimento verso il suo studio al pianterreno, in un qualche generico modo tutti sapevano di andare incontro alla morte, almeno le persone comuni.
Nessuno sapeva dove fosse prima di essere nato,
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ma dal momento della nascita non ci voleva molto prima di scoprire di essere arrivato con il biglietto di andata e ritorno già timbrato
Ma i maghi lo sapevano per certo. Non nel caso di morte violenta o omicidio, naturalmente, ma se la causa di morte era semplicemente il normale trascorrere della vita, allora….bene, lo sapevano. In genere avevano delle premonizioni, in tempo per restituire il libro preso in prestito dalla biblioteca ed essere sicuri che il vestito migliore sia pulito ed esservi fatto prestare una consistente somma di denaro dagli amici.
Aveva 130 anni. Si rendeva conto che aveva passato gran parte della vita da vecchio. In realtà non gli sembrava molto equo.
E nessuno aveva detto nulla. Lo aveva fatto presente nella Stanza Non Comune la settimana prima, e nessuno aveva afferrato il suggerimento. E durante il pranzo di oggi loro non gli avevano proprio parlato. Perfino i suoi migliori amici lo avevano evitato, e lui non stava nemmeno tentando di farsi dare dei soldi in prestito.
Era come quando nessuno si ricorda del tuo compleanno, anzi era peggio.
Stava andando a morire tutto solo, e non importava a nessuno.
Aprì la porta con un colpo della ruota della sedia e armeggiò sul tavolo con il contenitore per l'esca, l'acciarino e la pietra focaia.
Quella era un’altra cosa.
A stento qualcuno usava ancora un acciarino al giorno d’oggi. Essi compravano dei grossi, puzzolenti fiammiferi gialli fatti dagli alchimisti. Windle disapprovava questo. Il fuoco era importante. Non era accettabile che si accendesse senza sforzo, non era rispettoso. Questa era la gente al giorno d’oggi, sempre in fretta e furia e… fuochi.
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Si, faceva molto più caldo nei vecchi tempi . Il tipo di fuochi che c’era attualmente non scaldava a meno che tu non ci stessi vicino o addirittura sopra. Era qualcosa nel legno… ecco era sbagliato il tipo di legno. Ogni cosa era sbagliata oggigiorno. Più esile. Più confusa.. Non una vera vita in nulla. E i giorni erano più corti. Mmm. Qualcosa era andato per il verso sbagliato con i giorni. Erano giorni più corti. Mmm. Ogni giorni ci metteva un secolo a passare, almeno quelli singoli, perché i giorni al plurale passavano in una fuga precipitosa.
Non erano molte le cose che le persone volevano facesse un mago di 130 anni e Windle aveva preso l’abitudine di arrivare a tavola due ore prima dei pasti, semplicemente per passare il tempo.
Giorni senza fine. Che passavano veloci. Non aveva senso. Mmm. Badate bene, non lo stesso senso che si poteva trovare ai vecchi tempi.
E lasciavano che l’Università fosse diretta da ragazzi, adesso. Ai vecchi tempi c’erano dei veri maghi, una parata di maghi grandi e grossi, i tipi di maghi su cui potevi contare. Poi improvvisamente tutti loro erano andati da qualche parte e Windle veniva guardato dall’alto da quei ragazzi i quali avevano ancora alcuni dei propri denti. Come quel giovane Ridcully. Windle lo ricordava chiaramente. Giovanotto magro, con le orecchie a sventola, col moccio al naso, che chiamava piangendo la mamma nel dormitorio la prima notte. Sempre a far danni.
Qualcuno aveva tentato di spiegare a Windle che Ridcully era l’Arcicancelliere adesso. Mmm. Dovevano pensare che lui fosse uno sciocco.
Dov’era quel dannato acciarino? Dita… Si usavano nel modo giusto le dita ai vecchi tempi….
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Qualcuno tolse la copertura della lanterna. Qualcun altro mise qualcosa da bere fra le sue mani tremanti.
“Sorpresa!!”

Nell’anticamera della casa di Morte c’è un orologio che ha come pendolo una lama, ma non ha le lancette, perché nella casa di Morte non esiste lo scorrere del tempo, solo il presente. (C’era, naturalmente un presente di prima e un presente di adesso, ma questo era anche sempre il presente. Solo un po’ più vecchio.)
Il pendolo è una lama che avrebbe fatto cambiare mestiere ad Edgar Allan Poe, e l’avrebbe fatto ricominciare da capo come attore muto in un circuito teatrale della commedia dell’arte.
Dondola con un debole suolo whum-whum gentilmente affettando sottili strisce della pancetta dell’eternità.
Morte camminò impettito oltre l’orologio e nella cupa oscurità del suo studio. Albert, il suo servo, lo aspettava con un asciugamano e un grembiule.
“Buon giorno, signore”
Morte si sedette silenziosamente nella sua grande poltrona. Albert drappeggiò l’asciugamano sulle spalle ossute.
“Un’altra bella giornata,” disse in modo per fare conversazione.
Morte non disse niente.
Albert agitò la stoffa a per lucidare poi tirò indietro il cappuccio di Morte.
ALBERT
“Signore?”
Morte estrasse il piccolo segnatempo d’oro.
VEDI QUESTO?
“Sì, signore. Molto grazioso. Non lo avevo mai visto prima. Di chi è?”
MIO
15
Gli occhi di Albert guardarono intorno. Su un angolo della scrivania di Morte c’era un grande segnatempo in una cornice nera. Non conteneva sabbia.
“Pensavo che questo fosse il suo, signore!” disse
COSI’ ERA. ADESSO E’ QUESTO. UN REGALO DI PENSIONAMENTO. DALLO STESSO AZRAEL IN PERSONA.
Albert sbirciò la cosa sulla mano di Morte.
“Ma… la sabbia, signore, sta scorrendo”
COSI’ E’
“Ma questo significa… Voglio dire…?”
SIGNIFICA CHE UN GIORNO LA SABBIA SARA’ TUTTA ANDATA, ALBERT.
“Questo lo so, signore, ma …Lei… Credevo che il Tempo fosse una cosa che riguardava le persone comuni, signore. Non era così? Non lei, signore” Alla fine della frase la voce di Albert era implorante.
Morte tirò via l’asciugamano e si alzò.
VIENI CON ME
“Ma lei è la Morte, signore” disse Albert correndo come un granchio dietro all’alta figura attraverso l’anticamera e giù verso la stalla. “Questo è una specie di scherzo, vero?” aggiunse pieno di speranza.
NON SONO NOTO PER IL MIO SENSO DELL’UMORISMO.
“Bene, naturalmente no, no senza offesa. Ma ascolti, lei non può morire, perché lei è la Morte, non dovrebbe accadere a Lei, è come un serpente che si morde la coda”
TUTTAVIA. STO MORENDO. NON C’E’ APPELLO.
“Ma che cosa sarà di me?” chiese Albert. Il terrore luccicava nelle sue parole come una scheggia di metallo sull’orlo di un coltello
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Mi accorsi di non essere morto quando mi resi conto di riflettere sui motivi che portarono alla mia morte...
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