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Piccoli Dei

Ultimo Aggiornamento: 26/01/2007 11:55
26/01/2007 11:55
 
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Messaggio recuperato: redatto da Barbabeppe

Approffito di uno stop per pioggia per proporvi l'inizio di Piccoli Dei.
Nonostante non sia collegato a nessun filone particolare del Mondodisco credo sia uno dei migliori finora prodotti da TP.
(Continuo a non usare alcun traduttore...solo il dizionario HazonGarzanti: probabilmente è una traduzione un po' libera ma spero renda bene il significato del testo)

Paragonate la testuggine e l’aquila.
La testuggine è una creatura che vive a terra. Impossibile vivere a terra più di così senza scavare.
I suoi orizzonti non vanno più in la di pochi centimetri. Si muove ad una velocità sufficiente a dare la caccia ad un cespo di lattuga. E’ sopravvissuta mentre il resto dell’evoluzione gli scorreva sopra, senza essere di pericolo per nessuno ed essendo troppo problematica da mangiare.
L’aquila, invece. Una creatura dell’aria e dei luoghi elevati i cui orizzonti si estendono fino ai bordi del mondo. Una vista così acuta da individuare il movimento di qualche piccola e squittente creatura a mezzo chilometro di distanza. Tutta potenza, tutto controllo. Un alato fulmine mortale. Dita e artigli sufficienti a trasformare in pasto qualunque cosa più piccola di se, e capaci di strapparsi un veloce spuntino da molte cose più grandi.
L’aquila siederà per ore in cima ad una cresta sorvegliando il suo reame del mondo finchè noterà un piccolo distante movimento, e lo metterà a fuoco, sempre più a fuoco identificando un piccolo guscio che si muove traballando tra i cespugli di un deserto. Quindi spiccherà il volo…
Qualche minuto più tardi la testuggine scoprirà che il mondo si sta allontanando da lei. E vedrà il mondo per la prima volta, non più da un centimetro ma da cento metri di altezza; e penserà: Che ottima amica è questa aquila!
Poi l’aquila lascerà la presa.
Quasi sempre la testuggine si tufferà verso la morte. Tutti sanno perché le testuggini fanno così. La gravità è un abitudine dura da smettere. Nessuno sa perché le aquile fanno così. C’è abbastanza da mangiare in una testuggine ma, considerando lo sforzo implicato, è molto meglio mangiare qualsiasi altra cosa. Semplicemente le aquile si divertono a tormentare le testuggini. Naturalmente ciò che le aquile non sospettano è che sono gli agenti una dura selezione naturale: un giorno, una testuggine imparerà a volare.

La narrazione inizia in un posto desertico, colorato di ocra e rossiccio. Quando inizia e quando finisce è un poco più problematico. Almeno uno dei suoi inizi si trova oltre il limite delle nevi perenni, a migliaia chilometri di distanza tra le montagne che circondano il Centro .
Una delle domande filosofiche ricorrenti è: Un albero che cade in una foresta produce un suono se non c’è nessuno ad ascoltare?
Questo spiega molte cose sulla natura dei filosofi, perché c’è sempre qualcuno in una foresta. Potrà essere un tasso che si chiede cosa sia tutto quel rumore di schianti, o uno scoiattolo, alquanto perplesso dal suo scenario abituale che si rovescia, insomma qualcuno ci sarà. Infine, se è una foresta abbastanza profonda, il rumore potrà essere udito da milioni di piccoli dei.
Le cose accadono, una dopo l’altra. A loro non importa che qualcuno sappia che accadono. Ma la storia…ah, la storia è differente. La storia deve essere osservata. Altrimenti non è storia. Sarebbe solo…beh, cose che accadono, una dopo l’altra.
E naturalmente deve essere controllata. Rischierebbe di trasformarsi in qualcos’altro. Perché la storia, contrariamente ad alcune teorie popolari, è fatta di re, date e battaglie. E queste cose devono accadere nel momento giusto. Qui sta il difficile. In un universo caotico ci sono troppe cose che possono andare per il verso sbagliato. E’ troppo facile che il cavallo di un generale perda un ferro al momento sbagliato, o che qualcuno capisca male un ordine, o che il portatore di un messaggio di vitale importanza possa essere deviato dalla sua strada da un gruppo di individui con nodosi bastoni e un grave problema di mancanza di denaro. Allora si sviluppano storie inselvatichite, crescite parassite sull’albero della storia che cercano di curvarlo nella propria direzione.
Perciò la storia ha i suoi custodi.
Essi vivono…beh, secondo la loro natura vivono dovunque siano destinati, ma la loro casa spirituale è sita in una valle nascosta, tra le alte Ramtops di Mondodisco, la dove si conservano i libri della storia. Questi non sono libri dove gli eventi del passato sono inchiodati come farfalle da collezione sulla balsa. Questi sono libri dai quali la storia deriva. Ce ne sono più di ventimila, ognuno spesso tre metri, rilegato in piombo e con le lettere così piccole da poter essere viste solo con una lente d’ingrandimento. Quando si sente dire “Era scritto…” , vuol dire che è scritto qui.
Le metafore, in questo mondo, sono molto meno numerose di quel che pensiamo.
Ogni mese l’abate e due monaci anziani entrano nella caverna dove si conservano i libri. Solitamente era dovere del solo abate, ma due monaci affidabili furono inclusi nel rituale dopo lo sfortunato caso del 59° abate che si fece circa un milione di dollari in scommesse prima che i suoi colleghi monaci lo scoprissero. Oltretutto è pericoloso entrare da soli. La pura concentrazione di Storia, che scivola silenziosamente fuori nel mondo può mandarvi fuori di testa. Il Tempo è una droga. In eccesso può uccidervi.
Il 493° abate unì le sue mani grinzose e si rivolse a Lu-Tze, uno dei suoi monaci più anziani. L’aria pulita e la vita tranquilla nella valle nascosta facevano in modo che tutti i monaci fossero anziani, inoltre lavorando con il Tempo ogni giorno si finisce per averne sempre un poco addosso.
-Il luogo è Omnia, sulla costa del Klatch- disse l’abate
-Ricordo- disse Lu-Tze- Un giovanotto di nome Ossory, vero? –
-Le cose devono essere osservate con molta cura- riprese l’abate- Ci sono pressioni. Libero arbitrio, predestinazione…potere dei simboli…punto di svolta…. cose che conosci bene-
-Non sono stato più ad Omnia da, oh, saranno settecento anni.- disse Lu-Tze- Posto secco. Non c’è una tonnellata di terreno coltivabile decente in tutto il paese-
-Vai, allora. –disse l’abate.
-Prenderò con me le mie montagne, -aggiunse Lu-Tze- il clima gli farà bene.-
Ed egli prese anche la sua ramazza e il suo materassino da notte.
I monaci della Storia non hanno molte proprietà personali, trovano che queste si consumino dopo solo un paio di centinaia d’anni.
Ci mise quattro anni per arrivare ad Omnia. Doveva anche osservare un paio di battaglie ed un assassinio mentre era per strada, altrimenti sarebbero diventati semplici eventi casuali.

Correva l’anno del Serpente Nozionistico, ovvero duecento anni dopo la Dichiarazione del Profeta Abbys. Ciò significava che il tempo dell’ottavo Profeta era imminente. Quella era la cosa consolante della Chiesa del Grande Dio Om. Aveva dei profeti molto puntuali. Potevi regolarci il tuo calendario su di loro, se ne avevi uno grande abbastanza..
E, come in genere accadeva quando il tempo di un profeta si avvicinava, la Chiesa raddoppiava i suoi sforzi per essere santa. Era molto simile alla frenesia di una grossa ditta quando si aspetta la visita della Finanza, ma tendeva anche verso il prendere la gente sospetta di non essere santa e metterla a morte in mille modi ingeniosi. Questo comportamento è considerato un affidabile barometro della quantità di pietà presente in molte delle più diffuse religioni. C’è una tendenza a dichiarare che ci sono troppi pensieri non ortodossi, che l’eresia deve essere estirpata via, dai rami alle radici, e anche braccia e gambe e occhi e lingua, e che è il tempo di lavare i templi. Il sangue è generalmente considerato molto adatto a questa pulizia.

E venne ad accadere che in quel tempo il Grande Dio Om parlò a Brutha, il Prescelto:
-Pssst!-
Brutha si fermò con la zappa alzata e si guardò intorno nel giardino del Tempio.
-Prego?-
Era l’inizio di una splendida giornata primaverile. Le ruote di preghiera giravano allegramente nella brezza che veniva dalle montagne. Le api si affollavano intorno ai boccioli dei fagioli e ronzavano forte per dare impressione di lavorare duramente. In alto un aquila veleggiava in circolo.
Brutha scosse le spalle e si rivolse dinuovo ai meloni.
Si, il Grande Dio Om parlò di nuovo a Brutha, il Prescelto:
-Psst!-
Brutha esitò. Qualcuno gli aveva sicuramente parlato, dal nulla. Forse era un demone. Il maestro dei novizi, fratel Nhumrod era particolarmente accanito sul soggetto dei demoni. Dei pensieri impuri e dei demoni. Gli uni portano agli altri. Brutha si fece consapevole di essersi preso un demone.
La cosa da fare era essere risoluti e ripetere i Nove Aforismi Fondamentali.
Ancora una volta il Grande Dio Om parlò a Brutha, il Prescelto:
-Sei sordo, ragazzo?-
La zappa cadde sul suolo cotto dal sole quando Brutha girò su se stesso. C’erano le api, l’aquila e, all’estremità più lontana del giardino, il vecchio fratel Lu-Tze che lentamente rigirava un mucchio di letame con il forcone. Le ruote di preghiera giravano rassicuranti lungo il muro. Egli fece il segno con cui il profeta Ishkible aveva scacciato gli spiriti.
-Stai indietro, o demone!-
-Ma io sono dietro di te!-
Brutha si girò lentamente. Il giardino era sempre vuoto. Se la diede a gambe.

Molte storie iniziano molto prima di quanto si creda, e la storia di Brutha inizia migliaia di anni prima della sua nascita.
Ci sono billioni di dei nell’universo. Svolazzano tutto intorno come uno spesso banco di aringhe. La maggior parte di loro è troppo piccola per essere vista e non è mai stata adorata, almeno da qualcosa di più grande di un batterio, i quali non dicono mai le preghiere ma non domendano molto in fatto di miracoli.
Sono i piccoli dei: gli spiriti dei luoghi dove si incrociano due piste di formiche, gli dei del microclima atmosferico tra le radici d’erba. Molti di loro rimangono piccoli.
Perché gli manca la fede .
Pochi, invece, riescono a diventare grandi. Qualsiasi cosa può servire a crescere.
Un pastore, cercando un agnello scappato, lo trova tra l’erica e si prende un po’ di tempo per costruire un piccolo altare di pietre per ringraziare qualsiasi spirito sia residente nel posto. O un albero dalla forma peculiare che diviene associato ad una cura per alcune malattie. O anche solo qualcuno che incida delle spirali su una pietra isolata.
Ciò di cui gli dei hanno bisogno è la fede, e ciò di cui hanno bisogno gli umani sono gli dei.
Spesso il processo si ferma qui. Talvolta va oltre. Si aggiungono rocce all’altare, si alzano dei muri, viene costruito un tempio dove cresceva un tempo l’albero. Il dio aumenta la sua forza, la fede dei suoi adoratori lo solleva come migliaia di tonnellate di carburante per razzi. Per pochi dei il cielo è il solo limite. E, talvolta, nemmeno quello.

Fratel Nhumrod stava combattendo con i pensieri impuri in privato nella sua monastica cella quando udì una fervente voce provenire dal dormitorio dei novizi. Quel ragazzo, Brutha, era steso a terra con il viso rivolto alla statua di Om, nella Sua manifestazione come fulmine, tremante e farfugliante pezzi di preghiere. C’era qualcosa di strano in quel ragazzo, pensaò Nhumrod. Soprattutto il modo in cui ti guardava quando parlavi, come se stesse ascoltandoti. Uscì dalla cella e pungolo il ragazzo prono a terra con il suo bastone.
-Alzati, figliolo! Cosa pensi di fare nel dormitorio durante la giornata? Mmm?-
Brutha riuscì a girare su stesso rimanendo steso a terra e si aggrappò alle caviglie del prete.
-Voce! Una voce! Mi ha parlato!- piagnucolò.
Nhumrod sospirò. Ah. Questo era terreno familiare. Le voci riempivano il chiostro di Nhumrod. Le sentiva per tutto il tempo.
-Tirati su, figliolo- disse in tono quasi gentile.
Brutha si mise in piedi.
Era, come Nhumrod già si era lamentato, troppo anziano per essere un vero novizio. Di almeno dieci anni. Datemi bambini ma fino ai sette anni, diceva sempre Nhumrod.
Ma Brutha sarebbe morto novizio. Quando avevano fatto le regole non avevano considerato gente come Brutha.
La sua grossa tonda, arrossata ed onesta faccia era ora rivolta al maestro dei novizi.
-Siediti sul tuo letto, Brutha- disse Nhumrod.
Brutha obbedì immediatamente. Brutha non conosceva il significato della parola disobbedienza. In effetti era solo una delle tante parole di cui non conosceva il significato.
Nhumrod gli si sedette a fianco e disse:
-Ora, Brutha, lo sai cosa succede alla gente che dice le bugie, vero?-
Brutha annuì, arrossendo.
-Molto bene. Ora dimmi di queste voci.-
Brutha si rigirò il bordo della tunica tra le mani e disse:
-Era più come una sola voce, maestro-
-…come una sola voce,- rispose fratel Nhumrod- E cosa diceva questa voce? Mmm?-
Brutha esitò. A pensarci bene la voce non aveva detto molto. Aveva solo parlato. Difficile da spiegare a fratel Nhumrod, che aveva la nervosa abitudine di osservare le labbra dell’interlocutore e di ripetere le ultime parole che aveva appena detto. Inoltre toccava le cose intorno per tutto il tempo, muri, mobili, gente, come preoccupato che l’universo svanisse se non lo si tenesse d’occhio.
E aveva tanti altri tic nervosi che dovevano mettersi in coda per apparire. Fratel Nhumrod era era un normale esempio di qualcuno sopravvissuto per cinquant’anni nella Cittadella.
-Dunque…-iniziò a dire Brutha.
Fratel Nhumrod alzò una mano ossuta. Brutha poteva vederne le vene bluastre sotto la pelle sottile.
-Sono sicuro che tu sai che ci sono due tipi di voci spirituali- disse il maestro dei novizi mentre un sopracciglio iniziava a vibrare.-
Si, maestro. Fratel Murdock ce lo ha insegnato- disse Brutha mestamente.
-…lo ha insegnato. Si. Talvolta, poiché così Egli vuole nella Sua infinita saggezza, Dio parla ad un prescelto ed egli diviene un grande profeta. Ora, sono sicuro che non vorrai presumere di considerarti uno di loro? Mmm?-
-No, maestro.-
-…maestro. Ma ci sono altre voci- riprese fratel Nhumrod, ed ora la sua voce aveva un leggero tremolio,- voci imploranti e accattivanti e persuasive, si? Voci che stanno sempre ad aspettarci per sorprenderci fuori dalla nostra guardia?-
Brutha si rilassò.
Questo era terreno familiare. Tutti i novizi sapevano di quelle voci. A parte coloro che parlavano tranquillamente di cose come i piaceri della manipolazione notturna e la desiderabilità in genere delle ragazze. E questo mostrava come fossero novizi quando si trattava di voci. Fratel Nhumrod aveva tante di quelle voci che poteva farne un oratorio. Alcuni de più coraggiosi e curiosi tra i novizi apprezzavano fratel Nhumrod quando parlava delle voci. Era una vera educazione. Specie quando iniziava a schiumare dagli angoli della bocca.
Brutha ascoltava.

Fratel Nhumrod era il maestro dei novizi ma non era l’unico. Era responsabile solo del gruppo che includeva Brutha. Ce n’erano altri. Probabilmente nella Cittadella c’era qualcuno che sapeva quanti fossero. Ci doveva essere qualcuno da qualche parte il cui lavoro fosse quello di sapere tutto.
La Citadella occupava il centro della città di Kom, nelle terre tra il deserto di Klatch e le savane di Howondaland. Si estendeva per miglia, con templi, chiese, scuole, dormitori, giardini e torri che si accalcavano uno sull’altro in una maniera che faceva pensare a miliardi di termiti che cercavano di costruire contemporaneamente milioni di termitai. Quando il sole portava i suoi raggi sulle porte del Tempio Centrale si riflettevano come raggi di fuoco. Erano di bronzo ed alte circa trenta metri. Su di loro, in lettere d’oro su fondo di piombo, c’erano i comandamenti. Erano cinquecentododici, finora, e senza dubbio il prossimo profeta ne avrebbe aggiunti ancora.
I raggi riflessi del sole scintillavano sulle migliaia di fedeli che lavoravano per la gloria del Grande Dio Om. Probabilmente nessuno sapeva quanti erano veramente. Alcune cose raggiungono semplicemente una quantità critica e basta. Certamente c’era un solo Cenobiarca, lo Iam supremo. Questo era sicuro. E sei Arcipreti, e trenta Iam minori. E centinaia di vescovi, diaconi, subdiaconi e preti. E novizi come topi in un granaio. E operai, allevatori di tori, torturatori e Vergini Vestigiali...
Non importa quale sia la tua abilità, c’è sempre un posto per te nella Cittadella.
Se la tua specialità consiste nel porre le domande sbagliate o perdere il giusto tipo di guerra, ti si può trovare un posto nelle fornaci della purezza o nei pozzi di giustizia della Quisizione.
Un posto per ognuno e ognuno al suo posto.

Il sole picchiava sul giardino del tempio. Il Grande Dio Om cercava di stare all’ombra di una foglia di melone. Probabilmente qui era al sicuro, tra delle mura e con le torri di preghiera che si alzavano intorno a lui, ma non si può essere mai troppo prudenti. Era stato fortunato una volta ma non bisogna chiedere troppo alla propria sorte. Il guaio di essere dei è che non hai nessuno da pregare.
Strisciò decisamente verso l’anziano che stava rivoltando il letame finchè giudicò di essere a portata di voce. Egli parlò così:
-Hey, tu!-
Non ci fu nessuna risposta. Nemmeno un segno che fosse stato udito.
Om perse la pazienza e trasformò Lu-Tze in un infino verme del più lurido cesso dell’inferno; divenne ancora più arrabbiato quando il vecchio continuò a inforcare il concime in tutta tranquillità.
-Che i diavoli dell’infinito ti riempano le ossa con zolfo bollente!- gridò
Anche questo non fece alcuna differenza.
-Dannato vecchio sordo- borbottò il Grande Dio Om.

O forse c’era qualcuno che sapeva tutto quel che c’era da sapere sulla Cittadella. C’è sempre qualcuno che raccoglie conoscenza, non perché l’apprezzi in se ma nello stesso modo in cui le gazze raccolgono cose luccicanti o le larve di friganea raccolgono frammenti di sassi colorati e scheggette di legno. E c’è sempre qualcuno che si ritrova a fare tutte le cose che devono essere fatte ma che nessun altro ha voglia di fare o addirittura di ammettere che debbano essere fatte.

La terza cosa che la gente notava di Vorbis era la sua altezza. Era alto oltre sei piedi, ma sottile come uno stecco, come se una persona di normali proporzioni fosse stata modellata in creta da un bambino e poi allungata tirandola. La seconda cosa che la gente notava erano i suoi occhi. I suoi antenati provenivano da una tribù del più profondo deserto che aveva evoluto il particolare tratto di avere gli occhi scuri, non solo scura la pupilla ma quasi tutto il globo oculare. Rendeva molto difficile dire dove stesse guardando. Come se avesse degli occhiali da sole sotto la pelle degli occhi. Ma, la prima cosa che la gente notava era il suo cranio.
Il Diacono Vorbis era calvo, calvo per scelta.
Molti dei ministri della Chiesa, appena erano ordinati iniziavano a coltivare capelli e barba così lunghi da smarrirci dentro una capra.
Vorbis si radeva completamente. Egli luccicava. La mancanza di pelo sembrava aggiungere forza alla sua persona. Non era minaccioso. Neanche era intimidatorio. Dava ad ognuno l’impressione che il suo spazio personale si irraggiasse per alcuni piedi intorno e che chiunque si avvicinasse stesse interrompendo qualcosa di importante. Era quasi impossibile sapere cosa stesse pensando e nessuno osava chiederlo. Superiori, di cinquanta anni più anziani sentivano in dovere di scusarsi per aver interrotto qualsiasi trama di pensiero stesse portando avanti.
La più ovvia ragione di ciò era che Vorbis era a capo della Quisizione, il cui lavoro era quello di fare tutte le cose che dovevano essere fatte e delle quali la gente non voleva saperne.
Non si va a chiedere a gente simile a cosa o chi stesse pensando in caso quella ti rispondesse “Tu”.
La più alta carica che poteva essere ricoperta nella Quisizione era quella di diacono. Era una regola instituita centinaia di anni prima per prevenire che questa branca della Chiesa divenisse troppo importante.
NOTA DEL TRADUTTORE: letteralmente “…branch of the Church becoming too big for its boots. (Which were of the one-size-fits-all, tighten-the-screws variety): …branca della Chiesa divenisse troppo grossa per i suoi stivali (I quali erano di misura universale, del tipo con vite di serraggio). DIFFICILE RENDERE QUESTO GIOCO DI SIGNIFICATI TRA GLI STIVALI A MISURA UNIVERSALE, CHE COMUNQUE HANNO DI SOLITO BISOGNO DI UNA ALLACCIATURA O UN ELASTICO PER ESSERE INDOSSATI E GLI STIVALI DA TORTURA, UNA SPECIE DI SCARPA METALLICA CHE SI STRINGE SUL PIEDE CON UNA VITE SENZA FINE. FINE NOTA DEL TRADUTTORE.
Ma con una mente come la sua, ognuno diceva, dovrebbe essere almeno arciprete o addirittura uno Iam.
Vorbis non si preoccupava di queste sciocchezze. Vorbis conosceva il proprio destino.
Non glielo aveva forse detto Dio stesso?

-Ecco, -disse fratel Nhumrod, battendo sulla spalla di Brutha- Sono sicuro che ora vedi le cose più chiaramente.-
Brutha sentì che era richiesta una risposta specifica.
-Si, maestro, così sarà.-
-…sarà. E’ tuo sacro dovere resistere alle voci in ogni momento- ripetè Nhumrod, continuando a battere sulla spalla di Brutha.
-Si maestro, specialmente se mi raccontano quelle cose che voi avete menzionato-
-…menzionato. Bene. Bene. E se le sentissi nuovamente cosa dovrai fare? Mmm?-
- Venire a riferirle a voi- rispose Brutha doverosamente.
- …a voi. Bene. Bene. Ecco cosa mi piace sentire. E’ quello che ripeto sempre ai miei allievi. Ricordatevi che sono sempre qui per risolvere qualsiasi piccolo problema che vi possa capitare.-
- Si, maestro. Posso tornare in giardino ora?-
-…ora. Penso di si. Penso di si. E niente più voci, mi hai sentito? Nhumrod agitò un dito della mano che non stava ancora battendo sulla spalla di Brutha, mentre un muscolo della guancia iniziò a corrugarsi.
-Si maestro-
-Cosa stavi facendo in giardino?-
-Sarchiando i meloni, maestro- disse Brutha.
-Meloni? Ah. Meloni.- ripetè Nhumrod lentamente.- Meloni. Meloni. Questo spiega molte cose naturalmente-
Una sua palpebra iniziò a tremare pazzamente.
NOTA DEL TRADUTTORE: HO PENSATO A COSA CENTRASSERO I MELONI CON I PENSIERI IMPURI E I DEMONI FINCHE’ HO TROVATO UN DETTO ARABO CHE POTREBBE ESSERE APPLICATO ALLA SITUAZIONE “LA DONNA PER IL DOVERE, IL RAGAZZO PER IL PIACERE, IL MELONE PER L’ESTASI” ANCHE SE PREFERIREI NON APPROFFONDIRE TROPPO I DETTAGLI. VOI CHE NE DITE?

Non era solo il Grande Dio ad aver parlato a Vorbis, nei confini della sua testa. Chiunque finiva per parlare ad un exquisitore, prima o poi. Era solo una questione di resistenza.
Vorbis non scendeva spesso ad osservare gli inquisitori al lavoro in quei giorni. Gli exquisitori non dovevano farlo. Egli mandava istruzioni, riceveva rapporti. Ma speciali circostanze meritavano la sua speciale attenzione.
Bisogna dire che c’era poco da sorridere in una cella della Quisizione. Non se avete un normale senso dell’humour. Non ci sono simpatici adesivi che dicono: Non devi essere un sadico senza pietà per lavorare qui, però può aiutare!
Ma ci sono cose che suggeriscono ad una persona riflessiva che il Creatore del genere umano abbia un senso dell’humour piuttosto distorto, e che possono generare nel suo intimo il desiderio di abbattere a calci i cancelli del Cielo.
I boccali, per esempio. Gli inquisitori si fermano due volte al giorno per fare la pausa caffè. I loro boccali da caffè, che ognuno di loro si è portato da casa, sono raggruppati intorno al bricco tenuto al caldo sulla fornace che incidentalmente serve a scaldare i ferri e i coltelli. Questi boccali hanno scritte come Ricordo Della Sacra Grotta Di Ossory, o Al Miglior Papà Del Mondo. Molti sono anche scheggiati e nessun è uguale ad un altro.
E c’erano le cartoline appese al muro. Era tradizione che, quando un inquisitore andava in vacanza, spedisse ai colleghi una rozza stampa colorata di una veduta locale con qualche commento ironico o divertito sul retro. E c’era anche, spillata al muro, la commossa lettera dell’Inquisitore di Prima Classe Ishmale ”Pop” Quoom, che ringraziava tutti i colleghi per aver raccolto non meno di settantotto oboli per il suo regalo di pensionamento e per un mazzo di fiori per la signora Quoom e che sottolineava come avrebbe sempre ricordato i suoi giorni trascorsi nel pozzo n.3 e che era sempre pronto a tornare a dare una mano ogni volta ce ne fosse bisogno.
Tutto ciò significa che ci sono ben pochi eccessi di un pazzo psicopatico che non possano essere duplicati da un normale, gentile padre di famiglia che fa semplicemente il suo lavoro ogni giorno.
Vorbis questo lo sapeva. E un uomo che sappia queste cose, sa tutto quel che c’è da sapere sulla gente.
Attualmente stava seduto sul bordo di una panca sulla quale era disteso quello che era ancora, solo tecnicamente, il tremante corpo di fratel Sasho, formalmente il suo segretario.
Guardò verso l’inquisitore di turno, che annuì. Vorbis si chinò sul segretario incatenato.
-Quale sono i nomi?- ripetè.
-…non so…-
-So che gli hai dato copie della mia corrispondenza, Sasho. Sono degli eretici traditori che passeranno l’eternità all’inferno. Vuoi raggiungerli?-
-…non so nomi…-
-Avevo fiducia in te, Sasho. Mi hai spiato. Tu hai tradito la Chiesa.-
-…nessun nome…-
- La verità farà cessare il dolore, Sasho. Dimmi tutto-
-…verità…-
Vorbis sospirò. Quindi vide una delle dita di Sasho curvarsi verso di se sotto le manette, facendo segno di avvicinarsi.
- Si? –
Si sporse di più sul corpo.
Sasho aprì l’occhio che gli era rimasto.
-…verità…-
- Si ?-
- …La Testuggine Si Muove…-
Vorbis si tirò indietro, senza cambiare espressione. Raramente cambiava espressione a meno di volerlo espressamente. L’inquisitore lo guardò spaventato.
-Capisco – disse Vorbis, si alzò e annuì all’inquisitore.
-Da quanto tempo è quaggiù?-
- Due giorni, signore -
- E potete tenerlo in vita per…?-
- Forse altri due giorni, signore-
- Fate così. Fate così. Dopotutto è nostro dovere preservare la vita finchè è possibile. Vero?-
L’inquisitore gli rivolse quel tipo di sorriso nervoso che si genera in presenza di un superiore di cui una semplice parola può farvi finire ammanettato ad una panca da tortura.
- Er…si, signore-
- Eresia e menzogne ovunque – sospirò Vorbis –E adesso sarò costretto a cercare un nuovo segretario. È molto fastidioso.-

Dopo venti minuti Brutha si rilassò. Le voci da sirena della sensualità del Male sembravano essere andate via. Egli ricominciò con i meloni. Era in grado di capire i meloni. In effetti i meloni gli parevano più comprensibili di molte altre cose.
-Hey, tu! –
Brutha su raddrizzò.
-Non ti sento, oh pazzo succube- disse.
-Oh si che mi senti, ragazzo. Ora quello che voglio che tu faccia è…-
-Mi sono tappato le orecchie con le dita!-
-Ti sta bene. Ti sta solo bene. Così sembri un vaso. Ora…-
-Sto cantando una canzone! Sto cantando una canzone!-
Fratel Preptil, maestro di musica, descriveva la voce di Brutha come qualcosa che gli ricordava il verso di disappunto di un avvoltoio giunto in ritardo su una carcassa di asino. Il canto corale era obbligatorio per i novizi, ma in seguito a disperate richieste di fratel Preptil era stata creata una apposita dispensa per Brutha.
La vista della sua grossa e tonda faccia che si sforzava nel tentativo di compiacere era già abbastanza brutta, ma il peggio era ascoltare la sua voce, certamente potente e piena di convinzione, ondeggiare avanti e indietro per la melodia senza mai prendere una nota.
Così invece di canto corale aveva avuto delle ore extra di meloni.
Dalla cima della torre di preghiera uno stormo di corvi volò via frettolosamente.
Dopo l’intero pezzo corale di Egli calpesta gli ingiusti con zoccoli di rovente acciaio Brutha stappò le sue orecchie e rischiò un veloce colpo d’orecchio intorno.
A parte le lontane proteste dei corvi, c’era solo silenzio.
Aveva funzionato. Abbiate fede in Dio, dicevano. Ed egli l’aveva sempre avuta. Da quando poteva ricordare. Raccolse la sua zappa e tornò al suo lavoro. La zappa stava per colpire il terreno quando Brutha vide la testuggine.
Era piccola, all’incirca gialla e coperta di polvere. Il suo guscio era scheggiato. Aveva un solo occhio sporgente (l’altro era andato perso in uno dei molti incidenti che possono capitare ad una creatura molto lenta e che vive a pochi centimetri dal suolo). Egli si guardò intorno. Il giardino era ben all’interno del tempio, e circondato da alti muri.
-Come sei arrivata qua, piccola creatura?- disse – Magari volando?-
La testuggine lo squadrò in maniera monocola. Brutha si sentì strano. C’erano un sacco di testuggini nelle colline di sabbia intorno a casa sua.
-Posso darti un po’ di lattuga- disse Brutha- Ma non penso che le testuggini siano ammesse nei giardini. Non siete animali nocivi?-
La testuggine comtinuò a squadrarlo. Praticamente nulla può squadrare più di testuggine.
Brutha si sentì obbligato a fare qualcosa.
-C’è l’uva- disse- Probabilmente non è peccato darti un acino d’uva. Ti piacerebbe un acino, piccola testuggine?-
- A te piacerebbe diventare un’abominazione nel più infimo pozzo del caos?- rispose la testuggine.
I corvi, che erano tornati fino ai muri esterni fuggirono di nuovo di fronte ad una esecuzione di La Via degli Infedeli è un Nido di Spine.
Brutha riaprì gli occhi e si tolse le dita dalle orecchie.
La testuggine disse:- Sono ancora qui.-
Brutha esitò. Iniziò a pensare, molto lentamente, che demoni e succubi non si manifestano come piccole vecchie testuggini. Non ne vale la pena. Perfino fratel Nhumrod sarebbe stato costretto ad ammettere che quando si parla di eccitante erotismo si può trovare molto di meglio di una testuggine monocola.
-Non sapevo che le testuggini parlassero- disse.
-Non possono- disse la testuggine- Prova a leggermi le labbra-
Brutha la esaminò da più vicino.
-Non ce l’hai le labbra-
- No, e neppure le corde vocali- confermò la testuggine- Ti sto parlando direttamente nella tua testa, capisci?-
-Gosh!-
-Tu mi capisci, vero?-
-No –
La testuggine roteò il suo unico occhio.
- Avrei dovuto aspettarmelo. Be’, non importa. Non devo perdere tempo con un giardiniere. Vai a cercarmi il capo, subito di corsa.-
-Il capo?- disse Brutha mettendosi una mano sulla bocca- Vuoi dire…fratel Nhumrod?-
- Chi sarebbe?- chiese la testuggine.
- Il maestro dei novizi!-
- Oh, Me!- disse la testuggine- No,- proseguì, imitando la voce di Brutha- Non voglio dire il maestro dei novizi. Voglio dire il Prete Massimo o comunque si chiami. Suppongo ce ne sia uno?-
Brutha annuì con una faccia vuota.
- Prete Massimo, giusto?- disse la testuggine- Il Massimo. Prete. Il Prete Massimo.-
Brutha annuì di nuovo. Sapeva che esisteva un Prete Massimo. Solo che se lui poteva arrivare a parlare, su scala gerarchica, fino a fratel Nhumrod, non poteva nemmeno considerare un contatto tra Brutha, il novizio, ed il Cenobiarca. Era consapevole che in teoria ce n’era uno, che c’era una grossa struttura canonica con il Prete Massimo in cima e Brutha fermo sul fondo, ma la vedeva come un ameba poteva vedere una catena evolutiva tra se ed un ragioniere contabile. Gli mancavano tutti i passaggi intermedi.
- Non posso andare a chiedere a…a…- Brutha esitò. Il solo pensiero di parlare al Cenobiarca lo atterriva al punto di impedirgli di parlare.- Non posso andare a chiedere a nessuno di andare a chiedere al Cenobiarca di venire a parlare con una testuggine!-
- Trasformati in una sanguisuga di palude e sfrigola tra le fiamme del castigo!- gridò la testuggine.
- Non c’è bisogno di maledire- disse Brutha.
La testuggine ballonzolò furiosamente. – Non era una maledizione! Era un ordine! Io sono il Grande Dio Om!-
Brutha sbattè gli occhi. Quindi disse:
-No, non lo sei. Ho visto il Grande Dio Om- e agitò coscienziosamente una mano tracciando in aria il segno ricurvo delle Sacre Corna - e non ha forma di testuggine. Egli si manifesta come un’aquila, o un leono o un potente toro. C’è una statua nel Grande Tempio. E’ alta sette cubiti. Ricoperta di bronzo e cose così. Sta calpestando gli infedeli. Non puoi calpestare gli infedeli se sei una testuggine. Al massimo puoi guardarli di storto. E poi ha le corna di oro puro. Nel villaggio vicino a dove sono cresciuto c’era una statua alta un cubito e anche questa era un toro. Per questo so che tu non sei il Grande Dio (segno di Sacre Corna) Om-
La testuggine si calmò.
- Quante testuggini parlanti hai già incontrato?- domandò, sarcastica .
- Non saprei- rispose Brutha.
-Che vuol dire “Non saprei”?-
-Be’, potrebbero parlare tutte- disse pignolamente, dimostrando la sua personale logica, che gli aveva fatto guadagnare le ore supplementari di Meloni- Potrebbero solo non aver parlato mentre io ero presente.-
-Io sono il Grande Dio Om- disse la testuggine minacciosamente con voce profonda- e fra non molto tu sarai un prete molto sfortunato. Vai a cercare il capo!-
- Novizio- disse Brutha.
-Come?-
-Novizio, non prete. Non mi hanno lasciato…-
-Vai!-
-Ma non penso che il Cenobiarca sia mai venuto nel nostro giardino. Non penso che sappia nemmeno cosa sia un melone.-
- Non mi importa nulla- disse la testuggine- Trovalo subito, o ci sarà uno scuotimento della terra, la luna si farà di sangue, piaghe e pustole affliggeranno il genere umano e altre varie malattie capiteranno. E dico per davvero.-
-Vedo cosa posso fare- disse Brutha, indietreggiando.
-E sono ancora ragionevole, viste le circostanze!- gli gridò dietro la testuggine.
-E non canti poi così male, davvero!- aggiunse.- Ho sentito di peggio!- mentre la tunica di Brutha spariva dietro il cancello.
- Mi ricorda quella volta che avevo inflitto la peste a Pseudopolis- proseguì quietamente mentre il rumore di passi svaniva in lontananza.- Ah, che lamenti e che stridor di denti c’erano quella volta! – sospirò – Gran giorni. Gran bei giorni! -

Molti sentono di essere chiamati al ministero divino, ma quello che veramente sentono è una vocina interna che dice – Un lavoro al coperto, senza pesi da spostare, vuoi proprio essere un contadino come tuo padre?-
Tuttavia Brutha non si limitava a credere. Egli era veramente un Credente. Questo tipo di cose di solito è imbarazzante quando capita in una famiglia timorata degli dei, ma Brutha aveva solo sua nonna, che era Credente anch’essa. Ella credeva come il ferro crede nei metalli. Era il tipo di donna che ogni prete teme di avere nella sua congregazione, il tipo che conosce a memoria tutti i canti e tutti i sermoni. Nella chiesa Omniana alle donne era consentito di frequentare il tempio solo con riluttanza e dovevano stare in silenzio e ben coperte nella loro sezione riservata dietro il pulpito nel caso la visione di quella metà della razza umana causasse ai membri maschili della congregazione quel manifestarsi di voci che infestavano abitualmente la mente di fratel Nhumrod nel sonno e anche nelle ore di veglia. Il problema era che la nonna di Brutha aveva quel tipo di personalità che si proiettava attraverso uno schermo di piombo e un comportamento pietoso come un trapano a punta di diamante. Se ella fosse nata uomo l’omnianismo avrebbe avuto il suo ottavo profeta prima di quanto si aspettava. Così doveva limitarsi ad organizzare con massima efficienza i turni di pulizia del tempio, lucidatura delle statue e lapidazione delle adultere.
Brutha, quindi, crebbe con la sicura e certa conoscenza del Grande Dio Om. Brutha crescette sapendo che gli occhi di Om erano sempre con lui, specie in posti come il gabinetto, e che i demoni lo assalivano da ogni parte e che potevano essere tenuti lontano solo dalla forza della fede e dal peso del bastone della nonna, che era tenuto dietro la porta nelle rare occasioni in cui non era in uso.
Egli poteva recitare a memoria ogni verso in ognuno dei sette Libri dei Profeti, ed ogni singolo Precetto. Conosceva tutte le Leggi e le Canzoni. Specialmente le Leggi.
Gli omniani erano gente timorata di Dio.
Avevano un sacco di timore, in effetti.

La stanza di Vorbis era nella parte alta della Cittadella, inusuale per un semplice diacono. Egli non la aveva chiesta. Raramente doveva chiedere qualcosa. Il destino ha un suo modo particolare di manifestarsi.
Qui, veniva spesso visitato dai più potenti membri della gerarchia ecclesiale.
Non, naturalmente dai sei Arcipreti o dal Cenobiarca. Non erano veramente importanti. Erano solo la cima. Le persone che veramente facevano girare tutta l’organizzazione si trovavano qualche gradino più in basso dove era possibile fare del vero lavoro.
La gente preferiva essere amica di Vorbis, soprattutto a causa di una specie di campo mentale che suggeriva, in maniera sottile, in sua presenza, che era molto meglio che essergli nemica.
Due di loro erano ora seduti insieme nella stanza. Uno era lo Iam Generale Fri’t, che, qualsiasi cosa suggerisse il suo titolo, comandava la gran parte delle Legioni Divine; l’altro era il Vescovo Drunah, segretario del Congresso degli Iam. La gente poteva pensare che non fosse una posizione importante, ma la gente non era mai stata a trascrivere e registrare le minute degli incontri di un mucchio di vecchietti mezzi sordi.
Nessuno di loro due era in effetti nella stanza. Nessuno di loro stava parlando con Vorbis. Era uno di quei tipi di incontri. Un sacco di gente non parlava con Vorbis e spesso cambiava strada per non avere incontri con lui. Alcuni abati di distanti monasteri erano stati convocati alla Cittadella, viaggiando in incognito per sentieri tortuosi al solo scopo di non visitare Vorbis nei suoi quartieri.
Così, negli ultimi mesi Vorbis non aveva avuto visitatori.
Anche ora nessuno stava parlando. Ma, SE, fossero stati presenti e SE fosse stata in corso una conversazione, questa forse sarebbe suonata così:
- Ed ora il caso di Efebia- disse Vorbis
Il vescovo Drunah scosse le spalle.
- Non ci saranno conseguenze, dicono. Nessuna ritorsione-
I due uomini osservarono Vorbis, un uomo che mai alzava la voce. Spesso era difficile dire cosa stesse pensando anche dopo che te lo aveva detto lui stesso.
-Davvero? Siamo giunti a questo? Nessuna ritorsione? Dopo quel che hanno fatto al povero fratel Murduck? Dopo gli insulti ad Om? Questo non possiamo permetterlo. Cosa ci proponiamo di fare?-
-Niente più scontri- disse Fri’t- Combattono come dannati. No. Abbiamo già perso troppi uomini.-
-Hanno degli dei molto forti- disse Drunah
-Hanno archi migliori- rispose Fri’t
-Non c’è altro Dio all’infuori di Om- disse Vorbis- Ciò che gli Efebiani credono di adorare non sono altro che spiriti e demoni. Se poi si può chiamare adorare. Avete mai visto questo?- Spinse verso di loro un rotolo di carta.
-Di cosa si tratta?- chiese cauto Fri’t.
-Una menzogna. Una storia che non esiste e non è mai esistita…la ..la cosa- Vorbis esitò tentando di ricordare una parola da lungo caduta in disuso-…come la..specie di favola per bambini…delle parole che la gente impara e recita…-
-Ah, una commedia.- disse Fri’t e fu subito inchiodato dallo sguardo di Vorbis.
- Tu conosci queste cose?-
-Io.. quando viaggiavo nel Klatch, una volta..-Fri’t si sentì impaurito. Si tirò diritto, in fondo aveva comandato in battaglia migliaia di uomini. Tentò di sopportare l’occhiata di Vorbis senza riuscirci.
-…essi fanno delle danze- riprese titubante- Durante i loro giorni sacri. Le donne hanno campanellini sui loro…ehm..E cantano inni. Per ricordare i giorni della creazione del mondo quando gli dei…-La voce gli morì in gola. -Comunque era disgustoso- riprese a dire scrocchiando le nocche, un abitudine che aveva quando era nervoso.
-Questa cosa ha i loro dei descritti dentro!- disse Vorbis- Gente con delle maschere! E, potete crederci? Hanno un dio del vino! Un vecchio ubriacone! E la gente dice che non ci saranno ritorsioni o minacce! E questa cosa…- Buttò tra loro un altro rotolo più spesso.
-Questo è ancora peggiore. Anche se adorano per errore falsi dei, lo sbaglio sta nella scelta degli dei non nell’adorazione. Ma questo…-
Drunah gli dette una cauta occhiata.
-Credo ci siano altre copie in giro, anche nella Cittadella.-aggiunse Vorbis- Questa apparteneva a Sasho. Mi pare di ricordare sia stato tu a raccomandarlo, Fri’t?-
-Mi era sembrato un giovanotto intelligente e sveglio-rispose il generale.
-Ma anche sleale.- disse Vorbis- e ora sta ricevendo la sua ricompensa. Mi dispiace solo che non sia atato indotto a fare i nomi dei suoi complici eretici.-
Fri’t nascose un sospiro di sollievo mentre i suoi occhi incontravano quelli del diacono.
Drunah ruppe il silenzio.
-De Chelonian Mobile- disse a voce alta- La Testuggine Si Muove..Cosa significa?-
-Anche solo spiegarlo potrebbe mettere la tua anima a rischio di finire all’inferno.-disse Vorbis senza smettere di fissare Fri’t, che a sua volta fissava intensamente il muro.
-Penso sia un rischio che posso accettare- disse Drunah
Vorbis alzò le spalle.- L’autore sostiene che il mondo…viaggia nel vuoto sulla schiena di quattro enormi elefanti-
La bocca di Drunah si spalancò per la sorpresa. –Sulla schiena?-
-Così sostiene- disse Vorbis continuando a fissare Fri’t
- Ma dove stanno gli elefanti?-
-L’autore dice che stanno in piedi sul guscio di una enorme tartaruga- rispose Vorbis
-E questa dove sta?- chiese nervosamente Drunah
- Non vedo necessità di speculare su cosa si appoggia- sbottò Vorbis – poiché non esiste!-
-Naturalmente, certo, era solo una semplice curiosità-
-Molte delle curiosità lo sono. Tuttavia portano la mente a speculare troppo. Quel che importa è che l’uomo che ha scritto questo è libero in giro, ad Efebia, ora.-
Drunah continuò a guardare il rotolo.- Qui dice che ha viaggiato su una barca fino ai confini del mondo e ha guardato giù e ..-
-Menzogne- disse seccamente Vorbis- E non farebbe differenza neanche se non fossero menzogne: la verità è dentro, non fuori. Nelle parole del Grande Dio Om, così come ci sono trasmesse dai Profeti. I nostri occhi possono essere ingannati ma non il nostro Dio.-
-Ma..-
Vorbis guardò Fri’t. Il generale ora stava sudando.
-Si?-
-Ebbene…Efebe. Un posto dove dei matti hanno idee matte tutto il tempo. Lo sanno tutti. Non sarebbe più saggio lasciarli cuocere nella loro follia?-
Vorbis scosse la testa- Sfortunatamente le idee selvagge e instabili come queste tendono a diffondersi e prendere piede.-
Fri’t dovette ammettere che era vero. Lo sapeva per esperienza che le idee vere ed ovvie, come quella dell’ineffabile saggezza e giustizia del Grande Dio Om, appariva così oscura a così tanta gente che eri costretto, in effetti, ad ucciderli per mostrargli la giusta via. Mentre le nozioni pericolose, nebulose e sbagliate spesso avevano una tale attrazione per alcuni (pensò, toccandosi pensosamente una cicatrice) che finivano per nascondersi tra i monti e tirarti addosso macigni finchè non li facevi morire di fame. Preferivano morire piuttosto di vedere il senso della verità. Fri’t aveva visto il senso della verità quando era molto giovane. Aveva visto che non c’era senso a morire.
-Cosa proponete?-disse
-Il consiglio vuole un incontro per parlare con Efebe,- disse Drunah- Ho il compito di organizzare la delegazione che dovrà partire domani-
-Quanti soldati?- chiese Vorbis
-Solo le guardie del corpo, ci è stato garantito un salvacondotto- disse Fri’t
-Un salvacondotto…-disse Vorbis facendolo sembrare una bestemmia- E una volta dentro..?-
Fri’t avrebbe voluto dire: Ho parlato al comandante della guarnigione di Efebe, e penso sia un uomo d’onore anche se un deprecabile verme infedele. Ma non era il genere di cose che reputava saggio riferire a Vorbis.
-Dovremo stare in guardia.- rispose, invece.
-Possiamo prenderli di sorpresa?-
Fri’t esitò.- Possiamo?-
- Guiderò io la delegazione-disse Vorbis scambiando un breve sguardo con il segretario- Preferisco essere lontano dalla Cittadella per un poco. Un cambio d’aria. Inoltre non dobbiamo lasciar pensare agli Efebiani che si meritino l’attenzione di membri importanti della Chiesa. Comunque stavo solo pensando alle possibilità, se dovessimo essere provocati…-
Fri’t fece scrocchiare forte le nocche. –Be’ abbiamo dato la nostra parola…-
-Non c’è tregua con gli infedeli- rispose Vorbis
-Però ci sono alcune considerazioni pratiche- disse seccamente Fri’t- Il Palazzo di Efebe è un labirinto, lo so. Ci sono trappole dappertutto. Nessuno entra senza una guida.-
-Come fanno le guide, allora?-
-Credo si guidino da sole- rispose il generale.
-Secondo la mia esperienza c’è sempre un altro modo. Per entrare c’è sempre un'altra via. Via che Dio ci mostrerà a tempo debito, statene sicuri.-
-Certo le cose sarebbero più facili se ci fosse instabilità politica ad Efebe- disse Drunah- E’ una cosa che comporta sempre…semplicità-
-E ci potrebbe aprire la porta all’intera costa.-
-Be’…-
-Il Djel, poi Tsort…-continuò Vorbis
Drunah cercò di non vedere l’espressione di Fri’t.
-E’ nostro dovere.- disse Vorbis- Nostro sacro dovere. Non dimentichiamo il povero fratel Murduck. Era solo e disarmato.-

I grossi sandali di Brutha sbattevano pesantemente nel corrridoio mentre si dirigeva correndo verso la cella di fratel Nhumrod.
Cercò di comporre un messaggio nella sua testa: Maestro c’è una testuggine che dice…Maestro, questa testuggine vuole…Maestro, sentite un po’ cosa mi ha detto una testuggine tra i meloni…
Brutha non avrebbe mai osato pensare a se come un profeta ma aveva una vaga idea di quello che poteva venir fuori da una situazione simile.
Molti pensavano che Brutha fosse solo un grosso idiota. Lo sembrava, dalla faccia larga ai piedi goffi. Aveva anche l’abitudine di muovere le labbra mentre pensava come se ripetesse la frase che stava per dire. In effetti era proprio così. Pensare non veniva così automatico e facile a Brutha. Molti pensavano automaticamente, i loro pensieri che danzavano nei loro cervelli come elettricità statica tra le nubi, o almeno così gli appariva. Mentre lui doveva costruire il ragionamento un pezzo per volta, come un muro. Una vita di prese in giro a causa di un corpo goffo e sgraziato e di piedi che sembravano andare sempre in direzioni diverse lo avevano portato a preparare i suoi pensieri con calma e cura prima di dire qualcosa.
Fratel Nhumrod era prostrato sul pavimento di fronte alla statua di Om Che Calpesta Gli Infedeli, con le dita nelle orecchie. Evidentemente le voci gli davano nuovamente dei problemi.
Brutha tossì. Tossì di nuovo. Fratel Nhumrod sollevò la testa.
-Fratel Nhumrod?- disse Brutha
-Cosa?-
- Ehm..fratel Nhumrod ?-
-Cosa?-
Fratel Nhumrod stappò le sue orecchie.
-Si? – chiese
-Um. C’è qualcosa dovreste vedere. Nel…nel giardino. Fratel Nhumrod?-
Il maestro dei novizi si sedette. Il viso di Brutha era acceso dalla preoccupazione.
-Cosa stai dicendo?-
-Nel giardino. Difficile da spiegare. Ho scoperto …da dove vengonole voci, fratel Nhumrod. E voi mi diceste di assicurarmi di venire a raccontarvi tutto-
Il vecchio prete diede a Brutha una occhiata tagliente. Ma se c’era una persona senza malizia o astuzia questa era Brutha.

La paura è uno strano terreno. In genere fa crescere l’obbedienza come il mais, in file ordinate che rendono facile la sarchiatura. Tuttavia, a volte, genera le patate della provocazione, che si sviluppano sottoterra. La Cittadella aveva un sacco di sottoterra. C’erano i pozzi e tunnel della Quisizione. C’erano cantine, fogne, stanze abbandonate, vicoli ciechi, spazi dentro i muri e anche caverne naturali nella roccia. Questa era una caverna. Il fumo del focolare al centro del pavimento si faceva strada attraverso una crepa della roccia fino a perdersi tra i comignoli e il labirinto dei cortili interni. C’erano una dozzina di figure tra le ombre danzanti proiettate dal fuoco. Indossavano rozzi mantelli con cappucci, sopra abiti informi di tessuto grossolano, niente che non potesse essere bruciato dopo la riunione, così che l edita della Quisizione non potessero trovare nessun indizio. Qualcosa nel modo in cui si muovevano suggeriva che portassero abitualmente delle armi. Indizi qua e la. Una posizione del corpo. Un giro di parole.
Su una delle pareti della grotta c’era un disegno. Una forma circa ovale con tre estensioni sulla cima, di cui una più larga e tre in basso, di cui una più allungata: il disegno infantile di una testuggine.
-Naturalmente andrà in Efebe- disse una figura- Non oserà fare di meno. Dovrà disseccare il fiume della verità alle sue fonti.-
- Dovremo cercare di salvare il salvabile, allora-
-Dovremo uccidere Vorbis!-
-Non ad Efebe. Deve avvenire qui. La gente deve sapere. Siamo forti abbastanza.-
-Saremo forti abbastanza?- disse un’altra figura facendo scrocchiare le nocche
- Anche i villici sentono che c’è qualcosa di sbagliato. Non si può fermare la verità. Disseccarne le fonti? Ah. Allora ci mancheranno le forze. Non abbiamo forse scoperto di fratel Murduck? Ucciso in Efebe..ha detto Vorbis-
-Uno di noi deve andare in Efebe per salvare il Maestro. Se veramente esiste.-
-Esiste. Il suo nome è sul libro.-
-Didactylos. Strano nome. Significa Duedita.-
-Devono onorarlo molto in Efebe.-
-Portatelo indietro, se possibile. E anche il Libro-
-Una delle figure sembrò esitare. Fece scrocchiare di nuovo le dita.
-Ma..la gente seguirà un libro? Hanno bisogno di qualcosa di più. Sono villici. Non sanno leggere.-
-Ma possono ascoltare-
- Anche così..hanno bisogno di un simbolo..qualcosa da vedere-
--Ne abbiamo uno: qui!-
Istintivamente tutte le figure incappucciate si voltarono ad osservare la rozza incisione sulla parete. Indistinta alla luce del fuoco ma che si impressionò nelle loro menti. In fondo stavano osservando la verità, la quale spesso impressiona.
- La Testuggine Si Muove!-
- La Testuggine Si Muove!-
- La Testuggine Si Muove!-
Il capo annuì.
-E ora – aggiunse – tiriamo a sorte…-




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Mi accorsi di non essere morto quando mi resi conto di riflettere sui motivi che portarono alla mia morte...
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